sabato 23 febbraio 2008

LE CHITARRE DI SEGOVIA di Fabio Zontini


Con molto piacere pubblichiamo questo bellissimo articolo dedicato alle chitarre del Maestro Andres Segovia scritto dall'amico Fabio Zontini. Vi ricordiamo che Fabio Zontini sarà presente a Roma Sabato 1 marzo dalle ore 15,00 con l'esposizione dei suoi strumenti di liuteria per la rassegna"Liuteria in concerto" al Teatro della Forma Viale della Primavera, 317-Roma


“Pochi comprendono l’influenza del liutaio sulla vita e sulla carriera dell’artista.
In mancanza di un adeguato strumento, la fantasia, la ricchezza emozionale, la precisione tecnica e l’essenza dell’interpretazione musicale, tutto ciò rimane latente. Potrebbe non rivelarsi mai, o al più rivelarsi solo in modo imperfetto”.
(A.Segovia)


Questo il Maestro Andrés Segovia (Linares 1893 – Madrid 1987) pensava riguardo all’importanza che la chitarra ha per il chitarrista. In effetti, rispetto ad altri strumenti che hanno raggiunto grosso modo uno standard costruttivo definitivo, la chitarra si presta per le sue caratteristiche morfologiche a innumerevoli e significative reinterpretazioni da parte del liutaio. Pur correndo il rischio di cadere in un’eccessiva semplificazione, possiamo considerare il mondo della liuteria chitarristica diviso in due distinte filosofie di costruzione: l’una che guarda al passato e si ispira ai modelli storici per ciò che riguarda timbrica, caratteristiche sonore ed estetica decorativa; l’altra che si spinge in avanti cercando di apportare modifiche strutturali a volte avveniristiche, utilizzando anche materiali alternativi al legno. I primi pensano che la chitarra classica moderna sia lo strumento scaturito dalle intuizioni di Antonio De Torres e su cui, importanti musicsti/compositori quali J. Arcas, e soprattutto F.Tarrega e M.LLobet, hanno composto brani significativi che ancora oggi costituiscono parte del repertorio concertistico. I secondi ambiscono a trasformare lo strumento chitarra, cercando di soddisfare le nuove esigenze che sono andate via via creandosi e nel contempo provando ad affrancarsi da una certa visione romantica dell’approccio costruttivo, avvalendosi in alcuni casi di informazioni scientifiche di alto livello. Comunque la si pensi è importante e positivo che si produca questa dialettica in grado di mantenere un vivo fermento nel mondo della liuteria.


La Ramirez/Hernandez

Nel corso degli anni, più la fama e l’importanza di Segovia crescevano, più i liutai ambivano a vendergli e soprattutto a donargli i loro strumenti. Tutto ciò avveniva nella speranza di poter fare breccia nel cuore del musicista spagnolo, accattivarsi le sue simpatie, la sua stima e trarne prestigio e riconoscimento per il proprio lavoro. Molti di questi strumenti, la maggior parte, finivano poi per essere accantonati o addirittura regalati perché non aderenti alle aspettative del Maestro.
Nel breve spazio di questo articolo parleremo solo delle chitarre più significative che hanno accompagnato la luminosa carriera del musicista spagnolo.
La prima grande chitarra di Segovia fu la Manuel Ramirez /Santos Hernandez del 1912.
Segovia ha raccontato nella sua autobiografia (Segovia, an autobiography of the years 1893 – 1920) di come è entrato in possesso di questo strumento. Appena diciottenne il giovane Segovia, alla vigilia del proprio debutto madrileno all’Ateneo si presentò nella bottega di Manuel Ramirez in calle Arlàban n°10. A questi chiese di poter prendere in prestito il suo strumento migliore per il concerto. Ramirez colpito tanto dalla richiesta insolita quanto dalla personalità del giovane artista, mise in mano a Segovia una chitarra costruita da Santos Hernandez (1874 – 1943), primo liutaio della sua bottega. Egli la guardò e rimase innanzitutto molto colpito dalla bellezza dell’oggetto e subito dopo cominciò a provarla: “Non posso descrivere la gioia che ho provato quando ho iniziato a suonare. Il suono dei bassi era contemporaneamente profondo e morbido, quello degli acuti limpido e sostenuto. Dimenticandomi di ogni cosa che mi circondava suonai per un lungo periodo di tempo spaziando su tutto il repertorio che avevo imparato fino a quel momento. [...]. Sentivo che questa chitarra sarebbe stato lo strumento che avrebbe segnato il mio destino musicale. Al suo solo tocco sentivo crescere in me nuovi stimoli. Diedi uno sguardo a Ramirez per fargli intendere quanto mi sarebbe piaciuto avere quello strumento. Lui indovinò che cosa avevo in mente. Afferrato da un sentimento di generosità, noncurante dei propri interessi mi disse prendila ragazzo è tua, falla fiorire nelle tue mani con il tuo ottimo lavoro e non preoccuparti del prezzo, mi pagherai con qualcosa di ben più importante dei soldi”.
Santos Hernandez, qualche anno più tardi, dopo la scomparsa di Manuel Ramirez, aperto un laboratorio tutto suo, chiese a Segovia il permesso di poter aggiungere la propria etichetta all’interno dello strumento in modo da rivendicarne la paternità. Ma Segovia gli permise soltanto di inserire un cartiglio che testimoniava un intervento di restauro effettuato. L’interruzione definitiva dei rapporti fra i due avvenne allorché Hernandez, che stava preparando un nuovo strumento per Segovia, riscontrò uno scarso interesse da parte di quest’ultimo verso la chitarra a lui destinata; inoltre notò che la chitarra del 1912 montava delle nuove meccaniche di fabbricazione tedesca. Questo particolare gli fece intuire che era gia in atto la collaborazione con Hermann Hauser. La chitarra in questione rimase quindi nel laboratorio di Hernadez, il quale le diede l’emblematico nome di “La Inèdita”. La chitarra fu vista e provata da molti musicisti tranne che da Segovia stesso.

Segovia e Mozzani

Prima di affrontare il capitolo riguardante il rapporto fra Hauser e Segovia riteniamo doveroso fare riferimento ad un episodio che vide coinvolto un liutaio italiano.
Nel 1935 Andres Segovia, a causa delle sempre più crescenti tensioni nel suo paese (tensioni che sarebbero sfociate l’anno seguente nella guerra civile fra i ribelli franchisti e le truppe governative) si rifugiò in Italia, come molti altri artisti e intellettuali spagnoli. Non avendo con sé la sua chitarra, fece visita al liutaio e musicista Luigi Mozzani che conosceva già da qualche anno. Tale conoscenza è testimoniata da una foto del 1926 con dedica “pour mon ami L.Mozzani guitarriste de bon gout, musicienne et sympatique persone”. Gli chiese uno strumento che avesse le stesse caratteristiche della Hauser lasciata in Spagna (come riportato nell’intervista del 1986 al Maestro Carlo Palladino, allievo di Mozzani). Il liutaio italiano costruì 6 chitarre molto simili di cui 5 in palissandro e una in gattice tinto. Dopo lunghe prove fu proprio quest’ultima che fu scelta. Il rapporto fra i due continuerà anche negli anni successivi, tanto per via epistolare quanto in occasione dei concerti tenuti dal Maestro in Italia.

La “Tedesca”

Hermann Hauser I (1882 – 1952) si può definire il primo liutaio non spagnolo ad aver raggiunto risultati significativi nella costruzione di chitarre classiche nello stile spagnolo. Molti grandi virtuosi del mondo hanno suonato con suoi strumenti, su tutti Julian Bream e Andres Segovia.
L’incontro con Segovia avvenne nel 1924 a Monaco, grazie a Miguel Llobet. Allora Hauser costruiva principalmente strumenti della tradizione mitteleuropea come cetre, liuti e chitarre nello stile viennese ispirate ai disegni di Legnani e Stauffer. Segovia intuì le potenzialità dell’artigiano tedesco e lo invitò a cimentarsi nella costruzione di chitarre spagnole.
Hauser potè prendere come modello la Torres del 1859 di Miguel LLobet (strumento di rara bellezza che anch’io recentemente ho avuto occasione di vedere e misurare al museo di Barcellona N.d.A.) e la Ramirez/Hernandez del 1912 di Segovia stesso. Vale la pena sottolineare come la rosetta della Torres sarà poi fonte d’ispirazione per Hauser I e i suoi successori Hauser II e Hauser IIIi, diventando quasi un marchio di fabbrica distintivo della loro liuteria.
Nonostante Segovia avesse detto in un’intervista di non aver mai suonato una Hauser prima del 1938, esistono molte testimonianze che documentano il contrario. Si è scoperto che in alcuni programmi di concerti risalenti al 1929 veniva indicata come chitarra usata proprio la Hauser.
E’ infatti noto che prima di costruire la famosa chitarra del 1937, l’artigiano tedesco costruì altri strumenti che furono sottoposti all’attenzione del Maestro e che probabilmente furono poi venduti o regalati da quest’ultimo ad allievi e ammiratori.
Richard Brunè afferma di conoscere chitarre risalenti a prima del 1937 che recano al loro interno la dedica a Segovia. Questo testimonia i molti tentativi fatti da Hauser prima di realizzare lo strumento definitivo e come ad ognuno di questi seguisse la concreta speranza di incontrare il gradimento del Maestro. Anche quella che Segovia definì “la più grande chitarra della nostra epoca”, reca al suo interno la dedica e una data: 14 febbraio 1937.
Di conseguenza la primissima esibizione pubblica con questo strumento risale verosimilmente al 13 marzo del 1938, data del concerto che Segovia tenne al Civica Center di Chicago; nel programma viene infatti riportata la dicitura “chitarra Hauser”. Segovia la utilizzerà per circa un ventennio, fino a quando un intervento riparatore di Hauser II non compromise, a detta di Segovia stesso, la qualità della sua voce. Sembra che il problema riguardasse la prima corda che a detta dell’artista si era misteriosamente e irreparabilmente spenta.
Lo strumento, attualmente non si presenta in buone condizioni a causa dell’uso non sempre accorto del suo proprietario. Tra i deterioramenti visibili vi è il cattivo stato della verniciatura e un danno evidente causato da un microfono durante una registrazione.
Per espresso volere del Maestro, La Ramirez/Hernandez del 1912 e la Hauser del 1937, da lui donate al Metroplitan Museum di New York non potranno più essere suonate da nessun altro musicista.

Il ritorno alla liuteria spagnola

Quando Segovia accantonò la sua preziosa chitarra che lo aveva accompagnato per molti anni, fin dopo la morte di Hauser senior, continuò ad utilizzare, sino alla fine degli anni ’50, strumenti costruiti dal figlio Hauser II. Il binomio Segovia-Hauser fu interrotto all’inizio degli anni Sessanta vuoi per la voglia del musicista di cercare stimoli e sonorità nuove vuoi per un ritorno nostalgico alla madrepatria.
E’ infatti in questo periodo che Segovia comincia a utilizzare strumenti realizzati da Ignacio Fleta e soprattutto da Josè Ramirez III; Con quest’ultimo produrrà un sodalizio lungo più di 25 anni, interrotto solo dalla morte del musicista spagnolo. Jose Ramirez III (1922 – 1995) all’età di tre anni era tornato in Spagna col padre da Buenos Aires, dov’era nato nel 1922, e nel 1940 lo troviamo già impegnato nel laboratorio di famiglia.
A Ramirez III, va ascritto il merito di avere contribuito allo sviluppo della chitarra in senso moderno, non ultima l’idea di una produzione a livello “industriale” di chitarre artigianali avvalendosi della collaborazione di abilissimi liutai. Le innovazioni più significative riguardarono sia l’aumento delle dimensioni della cassa armonica sia quelle del diapason, ovvero la lunghezza della corda vibrante. Ciò andava incontro anche alle esigenze meramente pratiche di Segovia dotato di mani dalle dimensioni considerevoli. A metà degli anni sessanta, Ramirez III sostituì l’uso dell’abete rosso con il cedro per la tavola armonica (a discapito di ogni tradizione precedente). Tutte queste innovazioni facevano fronte alle nuove esigenze che si erano andate a creare. Si pensi a tal riguardo al crescente spazio che la chitarra classica andava acquistando in ambito concertistico, alla necessità di dover suonare in sale sempre più grandi e per un pubblico più vasto. E’ superfluo sottolineare come l’attività e la fama di Segovia in tale processo non sia secondaria. Gli inizi della frequentazione tra Segovia e Ramirez III risalgono ai primi anni ’50. Ma è’ probabile che il musicista cominciò ad utilizzare le sue chitarre dal 1961. Ad ogni buon conto la data in cui possiamo affermare con certezza l’utilizzo di una Ramirez è quella del concerto tenuto a New York il 19 gennaio 1962. I rapporti fra i due nel corso degli anni oltrepasseranno la sfera meramente professionale e la stima del musicista nei confronti del liutaio di Madrid la possiamo cogliere da quanto segue:
”Jose’ Ramirez non è semplicemente produttore di magnifiche chitarre, ma un investigatore infaticabile di tutto ciò che riguarda l’evoluzione storica della “kitara”, lo studio del mistero dell’acustica e delle onde negli strumenti ad arco, plettro e pizzicati. Ed è anche molto e molto di più…Pochi liutai hanno raggiunto una tale completezza di cognizioni e pochi l’hanno applicata con tanto successo alla pratica costane della propria opera.
Avendo perseguito tanto tenacemente la realizzazione dell’ideale di tutta una vita, è riuscito a creare le chitarre più sonore e con le timbriche più belle del mondo”.
Concludiamo con una testimonianza diretta di Jose Ramirez III che ci racconta:” Segovia era convinto che sarei riuscito a fare una buona chitarra. Questo mi stimolò a tal punto che cominciai a dedicarmici addirittura fino all’ossessione […]. Quando di fronte alla mia espressione disperata per avergli mostrato una chitarra che non gli era piaciuta e sulla quale avevo lavorato molti mesi lui mi disse queste parole di consolazione “caro Ramirez la chitarra è un’invenzione di un demonio burlone, che si vuole divertire facendo disperare coloro che la fanno o la suonano”.

Fabio Zontini


http://myspace.com/fabiozontini/

Bibliografia

- La chitarra di liuteria, Stefano Grondona-Luca Waldner
- Parlando di chitarre, Josè Ramirez III
- Segovia’s 1937 Hauser Revisted, R.E. Brunè
- Reflections on Segovia’s Guitars, Cindy Burton and Jeffrrey Elliott
- Hauser: Le ragioni di un mito, Lucio Antonio Carbone
- Luigi Mozzani chitarrista e liutaio, G. Intelisano
- An interview with H.E. Hutting II, R.E. Brunè

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