lunedì 31 marzo 2008

Guida introduttiva agli strumenti musicali meccanici, parte quinta

PROSPETTIVE
La storia dello strumento musicale meccanico, naturalmente non finisce qui. La musica prodotta dalla macchina ha subìto una battuta d'arresto dovuta più che altro all' introduzione della radio e dei giradischi (anche essi in un certo senso «macchine musicali») che hanno modificato l'attenzione del pubblico e che hanno proposto nuovi problemi e nuove affascinanti possibilità. Altra causa determinante per questa battuta d'arresto sono state le due guerre mondiali che hanno distrutto quasi tutte le fabbriche tedesche di strumenti meccanici (quelle che stavano iniziando arditissimi esperimenti con le nuove tecnologie) e messo in difficoltà le grandi fabbriche degli Stati Uniti e dell'Inghilterra che non hanno saputo resistere alla crisi economica seguita alle guerre. Vero è che ancor oggi si costruiscono organi meccanici da strada in Olanda e strumenti a pettine metallico in Svizzera, ma non ci pare siano questi gli strumenti che ci devono maggiormente interessare per quanto riguarda le possibilità della musica meccanica dell'avvenire. Essi hanno semmai un interesse storico per il ricercatore che voglia rendersi conto delle tecniche impiegate nella realizzazione di questi « paleoprogrammatori ».
Maggiore attenzione merita forse la rinascita del pianoforte ad azione pneumatica negli Stati Uniti. Nell'ultimo dopoguerra, precisamente nel 1950, la intramontabile Aeolian Company - il grande impero del piano pneumatico americano creato mezzo secolo addietro da V otey e Tremaine - creò un nuovo tipo di pianola da applicare ad un pianoforte normale. Si trattò del Key-top pianola, uno strumento che non ebbe fortuna e che cadde presto nel dimenticatoio. Sette anni dopo la Aeolian uscì sul mercato con un altro strumento del genere, questa volta molto rinnovato nella meccanica e molto meno costoso del precedente, denominato P-37 Hardmann Peck Duo. Esso ebbe un buon successo ed incoraggiò i dirigenti della società a riprendere con maggior lena la produzione di rulli di carta forata e lo studio di nuovi strumenti. Nel 1960 infine venne applicata la meccanica ad azione pneumatica ad uno strumento che da secoli era stato dimenticato (dimenticato come strumento meccanico, si intende), la spinetta. Nel campo dei pianoforti reproducing si tentò di andare oltre, fondendo il vecchio ed il nuovo ed arricchendo le possibilità della meccanica ad azione pneumatica con l'elettronica. Si tentò così di risolvere lo spinoso problema del valore della nota singola sull' assieme e del controllo del tocco, affidando il valore di ciascuna nota ad una particolare frequenza registrata su nastri magnetici. Questo particolare sistema denominato Pamplin Keyboard Control System fu brevettato da Terence Pamplin nel 1965. Ma, a nostro avviso tutti questi esperimenti e queste ricerche rappresentano più un punto d'arrivo, una serie di corollari ai vecchi modi di produrre musica attraverso le macchine, che non lo spunto e l'avvio verso un nuovo modo di fare musica meccanica. L'impegno del ricercatore e del costruttore deve essere volto a superare tecnicamente radio e giradischi, ossia quei mezzi che hanno messo in crisi lo strumento meccanico tradizionale, non rivolgersi alla riesumazione di vecchie tecniche ormai superate. Nel suo bellissimo lavoro sul piano meccanico Arthur Hord Hume attribuisce la nascita di questo gusto ad una ribellione dell'uomo comune all'epoca elettronica. Noi al contrario non condividiamo questo giudizio proprio perché l'uomo comune non si occupa di vecchi strumenti che interessano lo storico e l'appassionato, mentre si occupa quasi esclusivamente dei prodotti che gli offre quest'epoca elettronica. Tutt'al più potrebbe interessarsi di strumenti meccanici che gli offrissero più di quanto non gli offra radio, dischi e televisione. Evidentemente Hord Hume per sentimentalismo non si vuole rendere conto del fatto che gli strumenti meccanici, nella loro epoca d'oro, rappresentavano il massimo che si potesse produrre da un punto di vista tecnico. L'organo di Salisburgo, la spinetta di Bidermann ed il Welte Mignon erano prodotti d'avanguardia, mentre oggi è esagerato perfino definire di retroguardia certi strumentini a pettine metallico costruiti per turisti e per alcuni incorreggibili sentimentali. La rivolta contro le tecnologie superiori è sterile come lo è il cieco abbandonarsi ad esso, inoltre, come diceva il Maine, questi atteggiamenti impediscono di comprendere il passato come qualche cosa di vivo ed operante. Piani a cilindro, organi meccanici, pianoforti ad azione pneumatica non sono nati da un labile giuoco intellettualistico, ma da esigenze precise: tanto precise che al loro sviluppo ed alla loro invenzione ha contribuito il lavoro di migliaia di artisti ed artigiani che da quell'attività ricavarono il proprio sostentamento. Essi davano qualche cosa che pareva irraggiungibile: la musica a coloro che non erano in grado di suonarsela o di avere un esecutore a disposizione. Ora è vero che queste esigenze in un modo o nell'altro sono state superate dalla radio e dai dischi al punto che oggi l'educazione tecnica musicale non fa nemmeno più parte (cosa che è invece avvenuta fino ai primi decenni del '900) di una buona istruzione: è sufficiente il concertista che suona in un punto e che da quel punto «distribuisce» la sua musica ovunque. L'illusione di suonare ciò che si vuole ponendosi davanti ad un autopiano non compensa più né la spesa né la fatica, inoltre, se si prescinde da ogni sentimentalismo, l'emozione non è di gran lunga superiore a quella provata ascoltando un bel disco. Ben altro insegnamento ed altre considerazioni deve darei quest'autopiano se si vuole capire che cosa c'è di attuale nella «Musica ex machina »: primo tra tutti, ripetiamo, è che bisogna pretendere il massimo dalla tecnologia per arrivare a creare nuove possibilità di espressione accessibili a tutti, compresi i «non addetti ai lavori ». Noi azzardiamo l'ipotesi, suffragata da numerose esperienze positive, che la elettronica-tecnologia alla quale con successo già si è rivolta la « base sonora della musica » - potrebbe venire in aiuto. Nel mondo moderno, caratterizzato dalla centralizzazione di tutti i consumi, non escluso quello musicale, gli strumenti elettronici potrebbero essere in grado di offrire a tutti (cioè anche a coloro che sono sprovvisti di cognizioni tecniche musicali) possibilità analoghe a quelle che, a suo tempo, offrirono gli strumenti meccanici, e ad un livello superiore: essi potrebbero metterci in grado di esprimere un nostro pensiero musicale, di comporre la propria musica. Non possiamo qui dilungarci ad esporre i tentativi realizzati in questi ultimi anni con l'aiuto di generatori di onde e di computers, ma vale la pena osservare come dai mezzi che parevano avere sottratto all'uomo certe libertà ed avergli imposto dei modi totalitaristici di consumo anche per quanto riguarda la musica, sia nato invece un nuovo linguaggio musicale facilmente accessibile (come lo era la composizione fatta con l'ausilio della Arca Musarithmica) e facilmente realizzabile con l'aiuto di poche macchine anziché con l'uso di intere orchestre. Ne si tratta di cose avveniristiche o fantascientifiche: i moderni compositori lavorano già con forbici e cacciaviti più che con la matita e vengono aiutati da strumenti in grado di sviluppare da alcune indicazioni ogni fattore acustico, non esclusa la voce umana. A queste macchine i compositori possono affidare alcune idee «scrivendole » per mezzo di una tastiera molto simile a quella delle macchine da scrivere e al resto provvedono le macchine. In molti casi il lavoro dei musicisti, che compongono con l'aiuto di nastri magnetici, strisce di carta ecc. è analogo a quello di un antico costruttore di organi meccanici che avesse composto la musica direttamente sul cilindro, con chiodi e martello anziché con carta e matita.



http://www.ammi-italia.com/

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