martedì 10 marzo 2009

Recensione di The Mande' Variations di TOUMANI DIABATE'


TOUMANI DIABATE'
The Mande' Variations
(World Circuit) 2008



Questo è uno dei dischi più belli usciti lo scorso anno, di una bellezza così semplicemente intensa e lirica da poter migliorare in un attimo la vita di chi lo ascolta. Sto esagerando? Non credo. Questo disco è un capolavoro, un miracolo di equilibrio, creatività e grazia.
La musica per kora è uno dei miracoli più intimi e stupefacenti dell’arte africana. Chiunque la ascolti ne resterà incantato, e stenterà a credere che quei suoni possano provenire dalle antiche tradizioni del continente dei tamburi.
La kora è un’arpa sulla cui cassa di risonanza, una grossa semi-zucca vuota su cui viene tesa una pelle di capra, viene montato un ponticello e un manico al quale sono fissate le sue 21 corrde. Secondo la tradizione orale la kora è uno strumento antico, che risale ai tempi del primo imperatore del Mali, Soundjata Keita, vissuto nel XIII° secolo. Una leggenda sostiene che fu sottratta a uno spirito femminile nelle grotte di Kansala, nell’attuale Gambia, da Touramakan, un generale di Soundjata della stirpe dei Traore, che in seguito la donò al suo djeli, Djelimaly Oule Diabate. Un’altra leggenda sostiene invece che la kora era in possesso di uno spirito che viveva nel lago Sanementin, nel regno del Gabou, che comprendeva il Gambia, il sud del Senegal e la Guinea Bissau, e che fu trovata da un djeli della stirpe dei Cissoko. Le due leggende assegnano rispettivamente il primato della kora a due delle più importanti famiglie di djeli della regione, ma gli etnomusicologi sono invece propensi a datare l’origine dello strumento tra la fine del 1700 e la metà dell'800.
Toumani Diabaté è un djeli, un griot che afferma di rappresentare la 71esima generazione di suonatori di kora della sua famiglia. Suo padre era Sidiki Diabaté, veniva chiamato “il re della kora”, e ha giocato un ruolo cruciale nella fondazione dello stile moderno e nella sua trasformazione da strumento d’accompagnamento a strumento solista. Sia il padre Sidiki che sua madre, la cantante Nene Koita, furono tra i protagonisti della storica Ensamble National Instrumental du Mali nel periodo successivo all’indipendenza, che il Mali ottenne nel 1960.
L’eredità che un djeli porta sulle spalle ha un peso enorme, ma esistono casi in cui un djeli particolarmente dotato non solo la sostiene disinvoltamente, ma addirittura riesce ad arricchirla con un contributo personale e nuovo, entrando di diritto in quella storia.
The Mandé Variation vola alto ben oltre gli stilemi della tradizione: otto brani per altrettanti otto capolavori, che non derivano né si rifanno al repertorio tradizionale, ma sono pure improvvisazioni senza tema. Toumani spiega che questo è il modo di suonare che lui adotta quando è solo a casa, ed esplora le potenzialità del suo strumento.
Come Si Naani, che suona a cavallo tra il jazz – con la sua straordinaria linea di basso – il medio-oriente e la musica minimalista alla Steve Reich e David Nyman, o come Elyne Road, dalla grazia e dalla dolcezza commoventi. C’è persino una citazione di Ennio Morricone, che apre la nuova versione del classico Djarabi, intitolato qui Cantelowes.
Ciò che rende l’opera unica è la grande semplicità e raffinatezza nel combinare i vari passaggi sonori, rivisitare le melodie tradizionali dei djeli scavando nelle radici arcaiche senza tuttavia snaturarle anzi arricchendole con altre influenze. Tutto il disco è permeato da momenti di grande intensità e lirismo che lasciano senza fiato: Diabaté dimostra una padronanza assoluta dello strumento improvvisando con una naturalezza disarmante e dettando in contemporanea la linea di basso, accompagnamento e improvvisazione.
Territori musicali inediti, dove l’equilibrio tra tradizione e modernità riesce a trovare un importante punto d’arrivo. Un po’ come faceva John Fahey con la sua chitarra, con un’intensità che spazza subito via qualsiasi accusa di virtuosismo gratuito, Toumani Diabatè riesce ad architettare con spontaneità una musica che, senza l’utilizzo di parole, fa parlare e vibrare terra e anima, facendo emergere secoli di culture e tradizioni del proprio paese.
“The Mandè Variations” è un album bello e non facile, una preghiera in otto movimenti lontana da qualsiasi moda o tendenza. Lasciatevi affascinare, lasciatevi ammaliare.

Empedocle70


Toumani Diabate 'The Mande Variations'



Toumani Diabate 'Cantelowes'

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Non ho mai nascosto le mie lacune (o la mia ignoranza): di questo artista, di questo strumento e di questa musica non sapevo assolutamente nulla. Non ho mai ascoltato seriamente la world music, ma in futuro lo farò, magari cominciando proprio da questo disco così ben raccontato da te. Ciao, a presto!

Andrea Aguzzi ha detto...

E' un gran bel disco, uno dei migliori del passato anno, vedrai che non rimarrai deluso! :)