lunedì 6 aprile 2009

Tango: Astor Piazzolla di Lorenzo Micheli parte prima


A proposito di Astor Piazzolla il violoncellista Yo-Yo Ma ha detto qualche anno fa: “Il suo tango non appartiene più esclusivamente all’Argentina – è diventato musica internazionale nel vero senso della parola.” L’affermazione, quanto mai veritiera, riflette l’immensa fortuna e notorietà raggiunte dal musicista argentino negli ultimi quindici anni della sua vita. Tuttavia, poche altre figure nel panorama musicale del Novecento si identificano con un luogo specifico quanto Piazzolla, argentino di nascita, italiano di origine e cosmopolita per vocazione si identifica con Buenos Aires. Nell’immaginario collettivo, Piazzolla (nato nel 1921 a Mar del Plata, 250 miglia a sud della capitale argentina), Buenos Aires e il tango sono una cosa sola, e convergono in un’immagine unica e suggestiva.
La famiglia Piazzolla, dominata da un padre intraprendente e irrequieto, lascia Mar del Plata per New York nel ’25. A New York, dove la famiglia resterà fino al ’37, il giovane Astor fa i suoi primi, determinanti, incontri musicali: prima di tutto quello con il jazz, orecchiato alla radio e per le strade, e con la musica ebraica, ascoltata alle feste di matrimonio dell’East Village (dalla musica popolare ebraica egli dichiarerà, quasi settant’anni dopo, di aver assimilato la sua caratteristica divisione della misura di 4/4 in gruppi di 3+3+2 crome). Poi l’incontro con il bandoneón, donatogli dal padre: lo strumento – un’eccentrica variante della fisarmonica inventata in Germania intorno al 1830, con una forma quadrangolare e 71 pulsanti – fu introdotto in Argentina dagli immigrati europei, e ben presto rimpiazzò la fisarmonica negli ensemble di tango. Altri due incontri fondamentali negli anni newyorchesi sono quello con il pianista ungherese Bela Wilda, allievo di Rachmaninov, che gli dischiude come uno scrigno il mondo della musica classica, e – quasi un segno di predestinazione – quello con Carlos Gardel, il leggendario cantante di tango idolo delle folle sudamericane e francesi. Gardel prova una simpatia istintiva per il giovanissimo bandoneonista: gli procura una piccola parte in uno dei suoi film e lo invita ad accompagnarlo in tournée nei Caraibi. Il padre di Astor, però, nega il suo permesso e impedisce al figlio quattordicenne di partire con Gardel. Pochi mesi dopo, nel giugno 1935, l’aereo con a bordo Gardel e tutto il suo gruppo si schianterà sulla pista di Medellín.Piazzolla si convince della propria vocazione al tango subito dopo il rientro in Argentina, ascoltando alla radio la musica di Elvino Vardaro, di Julio de Caro, di Aníbal Troilo: musicisti appartenenti alla schiera dei “riformatori” del tango – che portano elementi di novità negli arrangiamenti, nell’armonia, nel tempo, nell’uso del contrappunto – in opposizione ai “tradizionalisti” capeggiati da Juan d’Arienzo. Alla decisione di fare del tango la propria ragione di vita se ne accompagna un’altra, non meno drastica: nel ’39 Piazzolla lascia Mar del Plata per Buenos Aires, dove, nel giro di pochi mesi, entra nella band di Troilo nella duplice veste di bandoneonista e arrangiatore. Quasi contemporaneamente comincia a prendere lezioni di composizione da Alberto Ginastera, allora compositore emergente della scena porteña. Astor non sa fare a meno di riversare nei suoi arrangiamenti, ben presto considerati troppo audaci, le nozioni apprese da Ginastera: e così, nel ’43, la collaborazione con Troilo si interrompe. Piazzolla si sente sempre più vicino a un’idea del tango come musica da ascoltare, non da ballare (e questa posizione gli costerà per tutta la vita l’ostilità fiera e bellicosa dei paladini del tango “tradizionale”). Per tradurre in realtà le proprie idee fonda allora il suo primo gruppo, l’Orquesta Típica de Astor Piazzolla; nello stesso periodo inizia anche a lavorare come autore di musiche da film, un’attività che proseguirà a cadenza regolare nei successivi quarant’anni (uno dei suoi brani più celebri in assoluto, l’elegiaco Oblivion, fa parte della colonna sonora composta nel 1984 per il film Enrico IV di Marco Bellocchio). La sua irrequietezza, però, non sembra placarsi. Il bisogno di studiare, di conoscere, di approfondire si fa più urgente; Piazzolla si sente sempre più lontano dal mondo del tango, cita come autori di riferimento Bach, Bartók, Berg, Brahms, Ravel e Stravinsky e scrive musica da camera e lavori sinfonici.
segue ....

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