venerdì 15 maggio 2009

Il suono veloce di Gianluca Cavallo parte seconda

Sempre in ambito teatrale, i futuristi crearono il Teatro della Pantomima futurista con Enrico Prampolini e musicisti come Respighi e, di nuovo, Casella. In questo contesto venne anche rappresentata La salamandra di Luigi Pirandello.
Lo scarso successo della musica rumorista dei futuristi è dovuto probabilmente al fatto che la pretesa di inserire nella musica imitazioni di rumori provenienti dalla realtà industriale cittadina, non poteva avere grande successo per la natura stessa della musica che, se si riduce a pura imitazione di macchine e rumori, risulta priva di significato. Kandinskij scrisse (ne Lo spirituale nell’arte, uscito proprio in quegli anni) che «la natura ha il suo linguaggio, che ci raggiunge con forza irresistibile. E’ un linguaggio inimitabile. Voler rappresentare musicalmente un pollaio, per ricrearne l’atmosfera e farla vivere all’ascoltatore è un compito impossibile e inutile. Ogni arte può creare questa atmosfera, non imitandola naturalmente, ma riproducendone il valore interiore». Vero è che Russolo scrisse esplicitamente che l’Arte dei rumori non si sarebbe limitata ad una riproduzione imitativa, ma avrebbe attinto la sua «facoltà di emozione nel godimento acustico in sé stesso» e i ritmi e timbri vari sarebbero stati fantasticamente associati, per ottenere «le più complesse e nuove emozioni sonore», tuttavia, è chiaro che per quanto si combinino fantasiosamente i rumori, pur sempre tali restano. Ed è proprio da questo punto che Giovanni Papini parte per attaccare il futurismo dei marinettisti, dando vita alla polemica tra questi ultimi e il gruppo di artisti fiorentini (tra i quali Palazzeschi). Così egli scrisse nel 1914: «L’arte (…) torna natura greggia. (…) Ma se il metodo prendesse piede e si spingesse all’ultime conseguenze più rigorose ne verrebbe che il miglior quadro di natura morta è una camera ammobiliata, il miglior concerto l’insieme dei rumori d’una città popolosa; la miglior poesia lo spettacolo d’una battaglia colla sua cinematografia sonora; la più profonda filosofia quella del contadino che vanga o del fabbro che martella senza pensare a nulla. (…) L’amore giustissimo per la novità non ci deve acciecare». Boccioni replica insistendo sulle posizioni futuriste: «le nuove condizioni di vita in cui viviamo ci hanno creato un’infinità di elementi naturali completamente nuovi, e perciò mai entrati nel dominio dell’arte, e per i quali i futuristi si prefiggono di scoprire nuovi mezzi di espressione, ad ogni costo». La polemica rimane dunque aperta e nel 1915 viene chiarita in Lacerba la distinzione tra “futurismo” e “marinettismo”.
Le sperimentazioni musicali continuano: Russolo nel 1925 brevetta l’ arco enarmonico e nel ‘27 il rumorarmonio (che soppianterà gli intonarumori, strumenti scomparsi non si sa come, probabilmente distrutti dalla guerra).
Un altro importante compositore futurista, che entrò nel movimento ancora giovanissimo, è Silvio Mix, il quale godette peraltro di un discreto successo in vita. Nella sua musica, spesso, in omaggio a Stravinskij, «l’elemento tematico risulta piuttosto generico, mentre viene esaltato quello ritmico, ossessivo e contrappuntato da zone di maggiore abbandono». Un elemento del pensiero artistico futurista, ossia la sinestesia tra le arti, appare manifestamente sulla partitura del Profilo sintetico-musicale di Marinetti, dove Mix annuncia delle pubblicazioni future, forse in realtà mai realizzate, ma che mostrano questo intento, realizzato soprattutto nel campo teatrale. I titoli sono i seguenti:
a) Potenza espansiva delle forze plastiche d’un paese (Commento musicale di un quadro di Antonio Marasco);
b) Preludio e Finale per «Bianca e Rosso», sintesi di Filippo Tommaso Martinetti;
c) Ritmi spaziali meccanizzati (Realizzazione musicale […] del quadro di Enrico Prampolini).
Mix fu attivo, oltre che come compositore, come critico musicale per diverse riviste italiane. Recensì anche un concerto di Prokof’ev, ma risulta evidente che ne conosceva poco la musica. Così come molte “innovazioni” futuriste erano già state sperimentate fuori dall’Italia, così Prokof’ev, «in quanto a irruenza espressiva e poliritmia avrebbe potuto essere un valido “consigliere” per i musicisti futuristi: numerose sono le opere composte a quella data dal musicista russo che, con i loro continui, bruschi, laceranti scarti ritmici sono la testimonianza del fatto che la tanto agognata “distruzione della quadratura” era ormai un fatto compiuto».
E’ interessante notare come alcuni elementi caratterizzanti l’arte musicale futurista vennero sperimentati, grosso modo negli stessi anni, da compositori che col futurismo non ebbero il minimo contatto. E’ un esempio la Sinfonia delle forze meccaniche di Carol-Bérard, scritta nel 1910 e perduta, nella quale i rumori erano resi in forma musicale e compariva anche una notazione per i rumori, come avverrà con l’arte di Russolo. Altri esempi sono il Ballet Méchanique (1925) di Gorge Antheil che imita il motore di un aeroplano e il celebre Pacific 231 di Honegger (1923), che descrive, secondo ciò il compositore stesso scrisse, i movimenti dal riposo al viaggio a 120 chilometri orari di un treno di trecento tonnellate lanciato nella notte.
In conclusione, si può affermare che i compositori di musica futurista non furono grandissimi innovatori e forse i lavori più importanti sono quelli realizzati per il teatro, anche se la musica non era quasi mai di compositori aderenti al movimento. Va però riconosciuto che per alcuni aspetti influenzarono la musica del futuro, a partire dalla musica concreta, fino alle sperimentazioni di Varèse e di Cage, che in qualche modo furono da essi anticipate. Per esempio le Cinque sintesi per il teatro radiofonico di Martinetti prevedono o minuti di pausa (come sarà 4’33’’ di Cage) o un collage di rumori (come sarà, dello stesso, Radio Music). Inoltre, nel manifesto L’improvvisazione musicale, firmato da Aldo Mantia e Mario Barroccini, proposero l’evento artistico come divenire e sintetizzarono le basi della loro improvvisazione in tre punti, che sono vicini a sperimentazioni successive (anche nel campo del jazz e della musica leggera):
1) esecuzioni sul pianoforte o altri strumenti;
2) commenti musicali di versi, pensieri, quadri, profumi, tavole tattili ecc.;
3) dialoghi, discussioni musicali tra due pianoforti, pianoforte e altro strumento, pianoforte e canto improvvisato, pianoforte e oratore improvvisatore.
I musicisti futuristi, con il consolidamento del regime fascista, furono osteggiati ed accusati di dilettantismo. Per dare credibilità culturale al regime, occorreva una musica in qualche modo legata alla tradizione e che non si spingesse troppo nel campo sperimentale. Così il posto dei futuristi fu preso dai compositori della generazione dell’Ottanta (Pizzetti, Casella, Malipiero e Respighi) che restituirono all’Italia una dignità strumentale notevole e composero ottima musica. Così i lavori futuristi e i loro strumenti andarono persi e oggi quasi nulla rimane.

«Le qualità transitorie costituiscono il “moderno” di un’opera; quelle immutabili la perseverano dall’ “invecchiare”. Nel “moderno” come nel “vecchio” c’è del buono e del cattivo, dell’autentico e del falso. In senso assoluto il moderno non esiste – in arte esiste solo il nato prima e il nato dopo; ciò che fiorisce a lungo e ciò che in breve appassisce. Ci fu sempre del moderno e dell’antico». (F. Busoni, Saggio di una nuova estetica musicale, 1907)

Le citazioni, salvo diversa indicazione, sono tratte da:
-Stefano Bianchi, La musica futurista: ricerche e documenti, Libreria musicale italiana, Lucca, 1995;
-Daniele Lombardi, Il suono veloce: futurismo e futurismi in musica, Ricordi, Milano, 1996;
-Manifesti futuristi reperibili su internet.
-Esiste anche un cd con musica futurista ed è Musica futurista: antologia sonora, a. c. di Daniele Lombardi, Fonit Cedra, FDM0007

Gian (4E)

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