lunedì 29 giugno 2009

File Under Culture&Art 1.0.6



Cambiare noi stessi. Penso sia questo quello che cerco quando guardo immagini, leggo libri e ascolto musica. Con il piccolo distinguo che “cambiare noi stessi” signi­fica anche accendere la radio quando ci annoiamo, per passare dallo stato di persona annoiata allo stato (cambiato) di persona meno annoia­ta o annoiata in modo diverso. Naturalmente preferiremmo pensare che l'arte che ammiriamo faccia qualcosa di più che alimentarci di mere sen­sazioni per sottrarci alla malinconia della nostra esistenza quotidiana …. chissà poi il perché … forse tutta la creatività umana è un disperato tentativo di occupare il breve spazio o l'infinito gap tra nascita e morte …. ma forse ci piace pensare che l'arte ci ricostruisce in qualche modo, ci rende più pro­fondi, migliori. Proviamo ad approfondire questo concetto smettendo di pensare alle opere d'arte come oggetti (crisi del collezionismo feticista?) e iniziando a considerarle “inneschi per l'esperienza”.
Ciò risolve diversi problemi: non dobbiamo discutere se le fotografie siano arte o se lo siano le performances, o se lo siano i silenzi di Cage o l’action painting di Pollock o Anarchy in UK dei Sex Pistols perché diciamo: Arte è qualcosa che accade, un processo, non una qualità, e qualsiasi cosa può farla accadere.
Supponete quindi che ciò che rende "bella" un'opera d'arte per voi non sia qualcosa che già si trova "dentro" di essa ma qualcosa che avvie­ne dentro di voi, così che il valore dell'opera sta nella sua capacità di provocare il genere d'esperienza che chiamate arte.
E’ allora possibile, all'interno di un contesto di giuste aspettative, che il rumore della pioggia diventi un'esperienza musicale., così come è possibile che voi abbiate esperienze del tutto diverse dalle mie, il che non dice nulla sul “valore estetico musicale “ della pioggia ma rivela tutto sulle nostre percezioni separate rispetto a essa, sulle nostre diverse aspettative e predisposizioni culturali.

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