martedì 5 gennaio 2010

Intervista con l'Ensemble Frame seconda parte


Da appassionato di musica elettronica ho molto apprezzato la vostra citazione di Gilles Deleuze e Felix Guattari “L’universo, il cosmo è fatto di ritornelli: la questione della musica è quella di una potenza di deterritorializzazione che attraversa la natura, gli animali, gli elementi tanto quanto l’uomo”, ne sono rimasto sorpreso dato le loro teorie non sono molto apprezzate in ambito accademico mentre invece sono alla base di due etichette discografiche come la Sub Rosa e la Mille Plateux, territorio fertile per appassionati di ambient e suoni particolari, come mai questa citazione e pensate che anche la musica contemporanea possa attingere alle speculazioni di questi due filosofi (il corpo senza organi, i rizomi…)?


Riassumere la complessità del pensiero di Deleuze e Guattari in poco spazio non è certo impresa facile… Al di là comunque della grandissima influenza che il questi due filosofi hanno avuto nel campo strettamente musicale, in particolare riguardo alla musica elettronica e al minimalismo, il lato a nostro avviso più affascinante della loro indagine è il superamento del dualismo - sull’onda niciana - che descrive in maniera pregnante la condizione moderna. La sostituzione del corpo-albero col rizoma, l’estensione dell’arte al mondo animale, vegetale e minerale, sono espressioni di quello che potrebbe essere l’atteggiamento - se ci passi il termine! - “morale” dell’artista e dell’uomo di oggi. L’arte diventa un modo di indagare (e accettare) il reale a prescindere dal suo valore, ricolloca il sé su un piano di uguaglianza rispetto all’altro da sé, abbatte le gerarchie e tramite l’estetizzazione porta all’accoglienza e alla comprensione di ogni fenomeno. E’ un modo di vedere il mondo, un ambito dell’indagine conoscitiva tanto valido quanto quello scientifico.


Berlioz disse che comporre per chitarra classica era difficile perché per farlo bisognava essere innanzitutto chitarristi, questa frase è stata spesso usata come una giustificazione per l’esiguità del repertorio di chitarra classica rispetto ad altri strumenti come il pianoforte e il violino. Allo stesso tempo è stata sempre più “messa in crisi” dal crescente interesse che la chitarra (vuoi classica, acustica, elettrica, midi) riscuote nella musica contemporanea. Come musicisti e chitarristi quanto ritenete che ci sia di veritiero ancora nella frase di Berlioz?


Al giorno d’oggi la ricerca sulle potenzialità espressive degli strumenti diventa talmente estrema che un discorso come quello di Berlioz non è più attuale. Il compositore non ha più bisogno di essere strumentista per cimentarsi con un dato mezzo, ma lavora con lo strumentista e spesso adatta la difficoltà e l’espressività del brano ad un determinato esecutore, non solo ad un determinato strumento.


Berio nel suo saggio “Un ricordo al futuro” ha scritto: “…Un pianista che si dichiara specialista del repertorio classico e romantico, e suona Beethoven e Chopin senza conoscere la musica del Novecento, è altrettanto spento di un pianista che si dichiara specialista di musica contemporanea e la suona con mani e mente che non sono stati mai attraversati in profondità da Beethoven e Chopin.” Voi suonate un repertorio contemporaneo ma venite da studi classici… vi riconosce in queste parole?


Questa affermazione sottende la sensazione che la musica contemporanea costituisca un “corpo estraneo” rispetto alla storia della musica. Per noi non è così: ogni spartito, proveniente da qualsiasi epoca e da qualsiasi parte del mondo, merita lo stesso rispetto e la stessa curiosità. Sul fatto che più esteso è il campo di conoscenza storica della musica più un musicista ha una ricchezza dalla sua, non possiamo ovviamente non essere d’accordo.


continua domani...

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