martedì 11 maggio 2010

Intervista a PierPaolo Dinapoli di Leonardo De Marchi, prima parte


Com'è nato il tuo amore per la musica e per la chitarra?


Aria di musica si è sempre respirata in casa mia; mio padre è un grande appassionato e da giovane suonava per diletto. Mi ha stimolato a tal punto che ho iniziato quasi subito a deliziare tutti i miei parenti con canzoni improvvisate estemporaneamente degne del miglior cantautore... [sorride] Dopo è seguito un lungo silenzio. Una sera, avrò avuto più o meno 13 anni, ripresi in mano la chitarra di mio padre e scattò qualcosa dentro di me che non me l'ha fatta più abbandonare.


Con chi hai iniziato e con chi stai portando avanti il tuo percorso ? Quali esperienze didattiche (e non solo) ti hanno segnato di più?


Dopo quella sera, deciso a voler prendere delle lezioni, contattai un maestro della mia zona. Fu un insegnante straordinario che mi fece appassionare alla chitarra classica, strumento del quale complessivamente sapevo molto poco, e sopratutto alla musica. Con lui studiai fino al conseguimento del compimento inferiore. Ad un corso conobbi il mio attuale maestro, Marco Salcito, che ha allargato ancora di più i miei orizzonti e mi ha permesso di acquisire l'idea della chitarra che ho tuttora. Più in generale, senza nessuna retorica, credo che ogni musicista degno di questa definizione con il quale ho avuto una conversazione o con cui ho avuto l'onore di suonare mi abbia dato qualcosa che altrimenti non avrei ricevuto.


Come mai le ritieni importanti?


Quella con il mio primo maestro, Dino Rigillo, mi ha permesso di conoscere e avvicinarmi come meglio non si poteva a questo strumento meraviglioso. Mi ha trasmesso tecnica, musicalità e sopratutto tanta passione: ricordo con piacere le lunghissime lezioni piene di chiacchierate e musica a 360 gradi. Al Maestro Salcito sono profondamente debitore per avermi condotto, e per condurmi tuttora, all'interno dello spartito, nel suo profondo, e per avermi messo in testa l'idea che la chitarra è una tavolozza di colori e suoni, per aver posto l'accento sulla varietà timbrica, sul gusto di scegliere il suono giusto al momento giusto. Un'esperienza molto positiva per la mia formazione è stata poi una masterclass con Oscar Ghiglia, un gigante della chitarra. Mi ha stupito, nel sentirlo parlare, il riuscire sempre a trovare un legame profondissimo tra le note. E' stato sicuramente un incontro che mi ha segnato.


Quando si parla con un artista si è sempre curiosi di conoscere il suo immaginario e, più in generale, quali esperienze intellettuali lo hanno costruito e lo alimentano. Di conseguenza voglio porti due domande. La prima: quali generi musicali ascolti? Suoni o ti interessano altri strumenti musicali?

All'interno della musica classica non ho trovato una dimensione precisa e perciò cerco di ascoltare il più possibile... sono un ascoltatore avido, anche se ho ancora un po' di riserve nei confronti del mondo dell'Opera. Per quanto riguarda altri generi, i miei ascolti sono stati molto eterogenei: mi piace molto il rock anni '70 (come Pink Floyd, Led Zeppelin, Deep Purple) e, perché no, anche qualche “nuova leva”! Inoltre mi piace molto Keith Jarrett, quando mi voglio rilassare metto su un suo Cd.
Quanto alla seconda parte della domanda... No, non suono altri strumenti, anche se, in seguito a vicende del tutto casuali, mi sono trovato a suonare i piatti in una banda cittadina. E' stata un'avventura divertente che mi ha messo indirettamente a contatto con un mondo, quello dei fiati, a cui non avevo mai prestato molta attenzione. C'è molto da imparare: i fiati fanno della simbiosi tra respiro umano e respiro musicale il loro punto di forza: hanno un invidiabile senso del fraseggio e della conduzione del periodo musicale
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continua domani

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