venerdì 21 gennaio 2011

Recensione di Sharp? Monk? Sharp! Monk! di Elliott Sharp (2006, Clean Feed Records)


Questo è il terzo cd registrato da un chitarrista e dedicato alla musiche del grande Thelonius Monk che ascolto e recensisco negli ultimi due anni .. ma cosa ha la musica di questo pianista, di questo nume tutelare del jazz per affascinare così i chitarristi e invitarli a misurarsi sulle strane alchimie dei suoi standards?

Questa volta è il turno di Elliott Sharp, curioso guitar geek dalla testa aerodinamica e dal talento inconfondibile. Vero veterano “laurea honoris causa” della scena downtown anni ottanta, Sharp ha saputo intelligentemente e creativamente distribuire il proprio talento tra composizioni di musica contemporanea per quartetti d’archi, quintetti blues hard-core, elettronica, musica orchestrale, colonne sonore, jazz d’avanguardia e utopie chitarristiche, il tutto senza mai un passo falso e guadagnandosi una reputazione perfetta e intaccabile e una discografia a dir poco chilometrica.

Ecco perché questo disco con cinque brani di Monk completamente rivisitati per solo chitarra acustica mi attira così tanto: speravo in una nuova visione, in una nuova originale prospettiva musicale. E non ne sono rimasto deluso. Se dovessi fare una paragone architettonico questo disco sta al modo “classico” di intepretare Monk come il Museo Guggenheim di Bilbao di Frank Gehry sta a quello di New York progettato da Frank Lloyd Wright: un colpo di vento, nuove possibilità, nuove idee. Già suona come una dichiarazione di intenti il fatto che diversamente da altre cose di Sharp qui non troviamo effetti di computer, noise o i feedback lancinanti a cui noi suoi devoti siamo da tempo abituati, ma il “semplice” suono di una chitarra acustica.

Mentre la musica di Monk sarà sempre il “Monk” universale, qui Sharp la reinterpreta con le sue dita immerse nel mondo folk, quasi apalachiano, del fingerpicking. Sicuramente le sue immersioni nel blues con la band Terraplane hanno lasciato il segno dato che Bensha Swing sembra suonata da Woody Guthrie e Epistrophy balla sul manico della sua chitarra a una velocità che la rende improvvisamente irriconoscibile. Certo i puristi del jazz come Wynton Marsalis ci troveranno molto da dire, ma questo non è Monk in naftalina ma è Sharp che suona il “suo” Monk! In che altro modo potreste sentire Monk suonato con una tagliente chitarra slide? E che dire di ‘Round Midnight? Tutta la storia del jazz è pronta a giudicare un musicista per come suona questo standard. Sharp riesce a fornirne una lettura allo stesso semplice ma completamente estraniante, una revisione completa uscendo completamente da qualsiasi canone e lasciando a bocca aperta l’ascoltatore.

Ho deciso di amare moltissimo questo disco, che tra l’altro viene proposto in un confezione cartonata bellissima, un richiamo irresistibile per un feticista del disco come in sottoscritto. Lunga vita Mr. Sharp!

1 commento:

Leonardo De Marchi ha detto...

Prendo nota!
(ho riso di cuore leggendo della testa aerodinamica)